Campi chirurgici
Chirurgia dell'orecchio
Otosclerosi
L’otosclerosi è una malattia ereditaria caratterizzata dalla proliferazione di tessuto osseo anomalo a livello dell’orecchio medio. Questo fenomeno comporta una riduzione progressiva del potenziale vibratorio della staffa, responsabile dell’ipoacusia trasmissiva caratteristica di questa malattia. Nel tempo, possono sovrapporsi meccanismi tossici e litici sulle cellule della coclea, che determinano una degenerazione cellulare cocleare che si tradurrà in un’ipoacusia progressiva e di tipo neurosensoriale.

Sintomi e Trattamento
Sintomi
Ipoacusia progressiva spesso bilaterale (sebbene la forma monolaterale non si possa escludere) di tipo trasmissivo o misto. Possono comparire anche acufeni associati.
Trattamento
Il trattamento dell’otosclerosi è chirurgico con intervento di stapedoplastica, che consiste nel posizionamento di una protesi all’iterno di foro praticato sulla platina della staffa (platinotomia) e che viene agganciata al braccio lungo dell’incudine, per ripristinare il movimento articolare. Presso il nostro centro tale approccio avviene eseguito per via endoscopica.
In casi selezionati legati all’età, al rifiuto del paziente o alla presenza di otosclerosi nell’unico orecchio udente, si può ricorrere alla protesizzazione tradizionale.
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LE ATTIVITA’ NEL DETTAGLIO
Altri interventi chirurgici e patologie trattate
Colesteatoma della rocca petrosa
La presenza di squame di epidermide a lento accrescimento con tendenza erosiva presente in profondità della rocca petrosa o della base del cranio costituisce il cosiddetto colesteatoma della rocca petrosa. Tale neoformazione può coinvolgere strutture anatomiche importanti quali carotide interna, labirinto, coclea, nervo facciale, meningi, fossa cranica, strutture vascolari e nervose della regione clivale e paraclivale.
Può essere acquisito, dato da un’estensione di un colesteatoma dell’orecchio medio; oppure congenito, originario dunque da residui embrionari epiteliali rimasti inglobati nell’osso temporale durante l’embriogenesi.
Tumori del cavo orale
Le neoplasie di questa sede sono per lo più carcinomi squamocellulari che si sviluppano maggiormente nel sesso maschile con incidenza maggiore intorno alla sesta decade di vita.
A livello del cavo orale distinguiamo la lingua, il pavimento orale, il trigono retromolare (posteriormente ai “denti del giudizio”), la gengiva, il palato duro.
Tra i principali fattori di rischio per lo sviluppo di questi tumori vi è il fumo di tabacco e l’abuso alcolico. Inoltre è stato evidenziato come il traumatismo cronico da parte di una protesi dentaria non ben posizionata o di denti scheggiati, può giocare un ruolo rilevante nello sviluppo della neoplasia in questo distretto.
Clinica e iter diagnostico
La sintomatologia dei tumori che si sviluppano a livello della cavità orale è caratterizzata da dolore, sanguinamenti e difficoltà nella masticazione.
Per poter far diagnosi è importante partire da un’attenta anamnesi volta ad indagare la sintomatologia e le abitudini di vita. A seguire l’esame obiettivo parte dall’ispezione in quanto il cavo orale è facilmente accessibile, seguita dalla palpazione di aree sospette. Viene quindi indagato il collo alla ricerca di masse linfonodali di potenziale significato metastatico.
A completamento diagnostico è fondamentale l’impiego di indagini strumentali, quali la RMN massiccio-facciale/collo con mdc paramagnetico per lo studio dei tessuti molli, la TC massiccio-facciale/collo con mdc iodato per lo studio dell’eventuale infiltrazione delle strutture ossee (osso mascellare, mandibola, etc). Tali strumenti sono volti a valutare l’estensione della neoplasia a livello loco-regionale. TC torace e/o PET vengono utilizzati per la stadiazione a distanza.
La diagnosi definitiva rimane comunque istologica mediante prelievo bioptico che può essere eseguito, il più delle volte, in regime ambulatoriale.
Tumori degli spazi parafaringei
Paralisi del nervo facciale
Una patologia frequente che colpisce il VII paio di nervi cranici è la paralisi facciale, che si distingue in centrale o periferica.
La prima, di interesse neurologico, è determinata da una lesione per lo più ischemica o emorragica a carico dei nuclei del nervo, quindi in prossimità della sua origine: si manifesta con una paresi dei muscoli mimici della metà inferiore del volto controlaterale alla lesione.
La seconda invece, gestita per lo più in ambito otorinolaringoiatrico, è dovuta ad una lesione lungo il decorso delle fibre del nervo: in questo caso tutta la metà del volto sarà interessata dalla paresi.
Classificazione
La paralisi periferica del nervo facciale viene classificata utilizzando la scala di House Brackmann, che suddivide i gradi di paralisi in 6 categorie sulla base della funzionalità del nervo e di conseguenza il movimento della muscolatura mimica. Si parte dal grado I che corrisponde ad un nervo facciale con normale motilità, un grado II in cui è presente una debolezza della muscolatura, fino ad arrivare al grado VI in cui vi è la totale assenza di movimenti dal lato affetto, con conseguente mancata chiusura dell’occhio, incapacità a gonfiare le guance, corrugare la fronte, e sorridere in maniera simmetrica.
Esiste anche un’altra classificazione, la SunnyBrook scale, che risulta più dettagliata, in cui vengono valutati più parametri e viene utilizzata soprattutto durante il percorso di riabilitazione (ambulatorio del nervo facciale).