Campi chirurgici
Chirurgia Oncologica testa e collo
Tumori del cavo orale
Le neoplasie di questa sede sono per lo più carcinomi squamocellulari che si sviluppano maggiormente nel sesso maschile con incidenza maggiore intorno alla sesta decade di vita.
A livello del cavo orale distinguiamo la lingua, il pavimento orale, il trigono retromolare (posteriormente ai “denti del giudizio”), la gengiva, il palato duro.
Tra i principali fattori di rischio per lo sviluppo di questi tumori vi è il fumo di tabacco e l’abuso alcolico. Inoltre è stato evidenziato come il traumatismo cronico da parte di una protesi dentaria non ben posizionata o di denti scheggiati, può giocare un ruolo rilevante nello sviluppo della neoplasia in questo distretto.
Clinica e iter diagnostico
La sintomatologia dei tumori che si sviluppano a livello della cavità orale è caratterizzata da dolore, sanguinamenti e difficoltà nella masticazione.
Per poter far diagnosi è importante partire da un’attenta anamnesi volta ad indagare la sintomatologia e le abitudini di vita. A seguire l’esame obiettivo parte dall’ispezione in quanto il cavo orale è facilmente accessibile, seguita dalla palpazione di aree sospette. Viene quindi indagato il collo alla ricerca di masse linfonodali di potenziale significato metastatico.
A completamento diagnostico è fondamentale l’impiego di indagini strumentali, quali la RMN massiccio-facciale/collo con mdc paramagnetico per lo studio dei tessuti molli, la TC massiccio-facciale/collo con mdc iodato per lo studio dell’eventuale infiltrazione delle strutture ossee (osso mascellare, mandibola, etc). Tali strumenti sono volti a valutare l’estensione della neoplasia a livello loco-regionale. TC torace e/o PET vengono utilizzati per la stadiazione a distanza.
La diagnosi definitiva rimane comunque istologica mediante prelievo bioptico che può essere eseguito, il più delle volte, in regime ambulatoriale.

Trattamento
Gli obiettivi del trattamento delle neoplasie del cavo orale è l’eradicazione della malattia, aumentando le prospettive di sopravvivenza del paziente, garantendo allo stesso tempo una qualità di vita accettabile con la conservazione il più possibile della funzionalità d’organo.
Questi tumori vengono approcciati chirurgicamente; a seconda dello stadio di malattia, della profondità di infiltrazione e della sede possono essere effettuate asportazioni di margini linguali, emiglossectomie, glossopelvectomie compartimentali, glossopelvectomia subtotale.
In alternativa vi è la brachiterapia, che consiste in una sorta di radioterapia effettuata con aghi infilati direttamente nel tumore al fine di consentire l’eliminazione della neoformazione, preservando totalmente l’integrità dell’organo.
La chirurgia di questi distretti è spesso effettuata in multiequipe mediante la collaborazione di Otorinolaringoiatri, Chirurghi Maxillo-Facciali, Chirurghi Plastici dal momento in previsione di ampie demolizioni vengono pianificati e realizzati interventi di ricostruzione con lembi peduncolati liberi rivascolarizzati, al fine di garantire un risultato funzionale post-chirurgico migliore.
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LE ATTIVITA’ NEL DETTAGLIO
Altri interventi chirurgici e patologie trattate
Acufene
Si definisce “acufene” la percezione soggettiva di un suono in assenza di una stimolazione sonora esterna che lo possa provocare. L’acufene è un sintomo che può rispecchiare un danno a livello di qualsiasi porzione dell’apparato uditivo – orecchio esterno, medio, interno e nervo acustico. Alcuni pazienti riescono a convivere serenamente con questo sintomo, mentre per altri esso può essere molto invalidante. Tra le cause più frequenti di acufene vi sono: ipoacusia, alterazioni cardio-vascolari (ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia), neurinoma del nervo acustico, esposizione a sostanze ototossiche, colesteatoma, malattia di Ménière, traumi acustici, malformazioni dell’orecchio. In aggiunta, patologie del distretto odontoiatrico, ed in particolare alterazioni funzionali dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM) possono presentarsi con un acufene come sintomo principale e spesso iniziale. (..)
Tuttavia, in molti casi non è possibile identificare il meccanismo patologico che causa l’acufene.
Sintomi
Percezione soggettiva di un suono in assenza di uno stimolo sonoro ambientale. Può essere mono o bilaterale. Spesso l’acufene assomiglia a un “fischio”, un “ronzio”, un “rimbombo”.
Diagnosi
In tutti i pazienti con acufene è necessario effettuare un esame audio-impedenzometrico completo e una visita specialistica, al fine di escludere che esso sia derivato da una perdita uditiva sottostante. In seguito, dopo un’accurata anamnesi, lo specialista potrà proseguire l’iter diagnostico con approfondimenti aggiuntivi (ad esempio: esami ematici di routine e specifici, EccolorDoppler dei Tronchi Sovra Aortici, RM encefalo).
Trattamento
Il trattamento dell’acufene è solitamente basato sul tentativo di risoluzione della causa sottostante. Tuttavia, poichè frequentemente non è possibile identificare il meccanismo che causa l’acufene, si ricorre all’utilizzo di terapie sintomatiche come antistaminici, sostanze vasoattive, anestetici locali, antidepressivi, melatonina.
Paralisi del nervo facciale
Una patologia frequente che colpisce il VII paio di nervi cranici è la paralisi facciale, che si distingue in centrale o periferica.
La prima, di interesse neurologico, è determinata da una lesione per lo più ischemica o emorragica a carico dei nuclei del nervo, quindi in prossimità della sua origine: si manifesta con una paresi dei muscoli mimici della metà inferiore del volto controlaterale alla lesione.
La seconda invece, gestita per lo più in ambito otorinolaringoiatrico, è dovuta ad una lesione lungo il decorso delle fibre del nervo: in questo caso tutta la metà del volto sarà interessata dalla paresi.
Classificazione
La paralisi periferica del nervo facciale viene classificata utilizzando la scala di House Brackmann, che suddivide i gradi di paralisi in 6 categorie sulla base della funzionalità del nervo e di conseguenza il movimento della muscolatura mimica. Si parte dal grado I che corrisponde ad un nervo facciale con normale motilità, un grado II in cui è presente una debolezza della muscolatura, fino ad arrivare al grado VI in cui vi è la totale assenza di movimenti dal lato affetto, con conseguente mancata chiusura dell’occhio, incapacità a gonfiare le guance, corrugare la fronte, e sorridere in maniera simmetrica.
Esiste anche un’altra classificazione, la SunnyBrook scale, che risulta più dettagliata, in cui vengono valutati più parametri e viene utilizzata soprattutto durante il percorso di riabilitazione (ambulatorio del nervo facciale).
Tumori del nervo facciale
Il nervo facciale è coinvolto per lo più da neoplasie benigne. L’istotipo più comune è lo schwannoma o neurinoma (tumore che origina dalle fibre nervose del nervo) oppure l’emangioma. Si tratta di neoformazioni a lenta crescita che si localizzano per lo più a livello del ganglio genicolato e si sviluppano superiormente verso la meninge della fossa cranica media. In altri casi viene coinvolta la III porzione del nervo facciale, quella mastoidea, oppure i rami a livello parotideo. Possono raggiungere anche dimensioni considerevoli.
Via infratemporale tipo B
L’approccio di tipo B consente l’accesso all’apice petroso, al clivus, al segmento orizzontale della carotide intratemporale e alla fossa infratemporale posteriore.
L’approccio di tipo C è un’estensione dell’approccio di tipo B e consente l’accesso fossa infratemporale, fossa pterigopalatina, regione parasellare e rinofaringe.